Gli esperti di UFO definiscono “siti finestra” quei luoghi dove di norma c’è un’alta frequenza di avvistamenti e di segnalazioni. Nel corso del tempo si sono succeduti molti progetti di ricerca volti a registrare con apparati scientifici i fenomeni di avvistamento nelle cosiddette “windows watch” con risultati dagli esiti alterni.
Una leggenda degli Indiani Yakima racconta che un uomo dagli occhi rossi dotato di poteri terapeutici venne un giorno a vivere con la tribù. Una volta vecchio, l’uomo pregò gli indiani di condurlo in un certo posto dove voleva morire. Appena morto, un oggetto celeste atterrò, caricò a bordo il corpo e risalì in cielo. Questa storia potrebbe essere semplice folklore, ma alcuni ufologi sostengono che la riserva degli Indiani Yakima, 405.000 ettari di terreno impervio nella parte centro-meridionale dello Stato di Washington, è una “finestra“, una località, cioè, frequentata da UFO. In questi ultimi anni numerosi ricercatori hanno condotto studi a Yakima ed in altri “siti finestra” nella speranza di spiegare le luci e i dischi che appaiono in questi luoghi con una relativa frequenza.
La riserva Yakima è a soli 8 Km a sud del monte Rainier dove Kenneth Arnold avvistò nel 1947 un disco volante. Dal 1964 al 1984 ci sono state ben 186 segnalazioni, quasi tutte da parte di ranger incaricati di sorvegliare le foreste della zona. In genere si racconta di luci notturne bianche, rosse o arancioni che si comportano stranamente, a volte librandosi in cielo e a volte svolazzando con un’agilità che tradisce un’origine extraterrestre.
Incuriosito dal mistero della riserva, il noto astronomo e ufologo J. Allen Hynek ottenne gli appoggi necessari per uno studio dei fenomeni. A capo del progetto c’era David Akers, ingegnere elettrotecnico e ricercatore volontario. L’attrezzatura era composta da diverse macchine fotografiche, su una delle quali era montato un reticolo per analizzare le lunghezze d’onda della luce. Akers aveva anche un magnetometro per rilevare i campi magnetici, oltre agli strumenti per misurare le frequenze degli ultrasuoni e le radiazioni nucleari ed infrarosse. Egli iniziò a sorvegliare la riserva il 19 agosto 1972. In due settimane di lavoro riuscì a scattare parecchie istantanee di luci distanti e anomale, ma le immagini risultarono confuse. La ricerca si concluse con un nulla di fatto.
Lo stesso vale per il progetto “Identificazione“, con una “window watch” molto più complessa con al centro la città di Piedmont nel Missouri. Il progetto fu avviato da un docente di fisica della Southeast Missouri State University, il prof. Harley D. Rutledge. Incuriosito da un’ondata di avvistamenti avvenuti a Piedmont all’inizio del 1973, egli visitò la città e avvistò personalmente dodici misteriose luci in cielo.
Da qui prese avvio uno studio settennale, iniziato nel 1973, che impegnò 40 tra scienziati, ingegneri, studiosi e profani, oltre ad un’attrezzatura del valore di 40.000 dollari, tutti gli strumenti usati da Akers più alcuni altri nel tentativo di acquisire nuovi dati riguardanti il fenomeno. Oltre a macchine fotografiche professionali, l’attrezzatura usata dagli esperti per la ricerca comprendeva quattro telescopi, un analizzatore spettrale e un gravimetro in grado di misurare l’intensità dell’accelerazione di gravità sulla Terra. Il progetto registrò 157 avvistamenti per un totale di 178 UFO. Rutledge disse di averne fatti personalmente 160. Ma anche questa volta i ricercatori ritornarono a casa carichi di fotografie scattate da lunga distanza ma privi di dati significativi sulla natura e sull’origine degli oggetti volanti non identificati.
Lo studio dei “siti finestra” da quest’altra parte dell’Atlantico non ha avuto miglior fortuna. In uno studio articolato in due sessioni di due settimane nel 1981 e 1985 alcuni ricercatori scandinavi sfidarono la notte artica per studiare le segnalazioni di UFO sopra la valle norvegese di Hessdalen, a 8 Km dal circolo polare artico. Nel dicembre del 1981 gli abitanti dei villaggi cominciarono a vedere in cielo decine di strani oggetti. In un periodo di cinque settimane nel gennaio-febbraio 1984 segnalarono ben 188 avvistamenti di luci amorfe e di oggetti ovali o a forma di sigaro.
Al pari dei loro colleghi di Piedmont, i ricercatori del Progetto Hessdalen erano ben equipaggiati, disponendo, tra l’altro, di un radar e di un sismografo. Essi riuscirono a individuare UFO sui loro radar, anche quando gli oggetti non erano altrimenti visibili, e a scattare alcune foto con il teleobiettivo. Non solo, ma segnalarono anche strane luci di fonte imprecisabile. C’era, ad esempio, una luce rossa di tipo laser che si muoveva lungo la neve danzando tra i piedi di un abitante del villaggio prima di scomparire all’improvviso. Ma anche questa volta il “window watch” non servì a identificare i fenomeni locali o a spiegare perché gli oggetti si raccogliessero in “siti finestra”.
Nel corso di questa ricerca fu proposta una teoria per spiegare non solo i “siti finestra” ma gli UFO in generale. Frutto in buona parte dell’ingegno dello psicofisiologo canadese Michael A. Persinger, la teoria sosteneva che i processi geofisici associati con le faglie, le fratture della crosta terrestre, creavano delle “luci terrestri” che la gente scambiava per astronavi. Secondo Persinger l’attività tettonica, il moto della Terra lungo le linee di faglia (Yakima, Piedmont e Hessdalen sono tutti situati su linee di faglia), sottopone i cristalli di quarzo a sollecitazione meccanica liberando una forma d’energia nota come piezoelettricità, che potrebbe produrre globi luminosi di lunga durata e di comportamento imprevedibile. Questa energia potrebbe poi, combinarsi con gli impulsi elettrici del cervello umano, inducendo alcune persone a scambiare le luci per UFO. Tuttavia molti scienziati dubitano che il quarzo sottoposto a pressione possa produrre energia sufficiente a simulare UFO o che le cariche elettriche possano influenzare i processi mentali in modo significativo.
Anche i window watcher non danno molto credito alla teoria di Persinger. Rutledge ha detto che le luci terrestri potrebbero aver costituito al massimo l’1% degli avvistamenti registrati a Piedmont. Hessdalen è ricca di faglie, ma i ricercatori non registrarono alcuna attività sismica durante il progetto. Fatto interessante, in tutti e tre i progetti i ricercatori avevano avuto la sensazione di non limitarsi a osservare gli UFO ma di interagire con essi. Ci furono segnalazioni di oggetti che sembravano reagire quando venivano osservati o quando venivano illuminati. Talvolta i misteriosi oggetti sembravano reagire proiettando le loro luci o sparivano improvvisamente, come se volessero nascondersi. Qualcuno disse perfino che alcuni UFO sembravano conoscere, forse intercettavano i radiomessaggi o grazie alla telepatia, gli orari dei turni di sorveglianza. Riassumendo i risultati dell’esperimento di Piedmont, il prof. Rutledge sostenne che: “Non c’era in gioco soltanto la misurazione delle proprietà fisiche degli oggetti volanti non identificati da parte di osservatori imparziali. Si instaurò un rapporto, una conoscenza reciproca tra noi e l’intelligenza degli extraterrestri“.