Nell’estate del 1623, mediante l’affissione di anonimi manifesti in tutta la città, i parigini vennero a conoscenza dell’esistenza di una confraternita segreta denominata “RosaCroce” avente come obiettivo la pace e la conoscenza universale. Tali manifesti fecero da apripista alla successiva pubblicazione della famigerata Fama Fraternitatis.
Nel XVII secolo gli abitanti di Parigi erano abituati a vedere spesso le mura e gli edifici della loro città ricoperti di proclami, ma i manifesti che essi scoprirono una mattina dell’agosto 1623 erano davvero straordinari, e produssero una grande sensazione. I parigini venivano informati del fatto che in città si era insediata una confraternita segreta e misteriosa, la quale avrebbe portato la vera pace e la vera conoscenza a chiunque fra di loro cercasse l’illuminazione. Un manifesto proclamava: “Noi, deputati del principale collegio della RosaCroce, viviamo visibili e invisibili in questa città per grazia dell’Altissimo, cui si volge il cuore dei giusti. Riveliamo e insegniamo senza libri né segni come parlare la lingua di ogni paese in cui desideriamo essere e come liberare i fratelli dall’errore e dalla morte“.
Un altro manifesto, oltre ad offrire l’adesione alla setta “a tutti coloro che desiderano entrare nella nostra società e congregazione“, prometteva nuovamente la pace e la conoscenza universale: “Insegneremo loro la più perfetta conoscenza dell’Altissimo e li renderemo da visibili invisibili e da invisibili visibili“. Benché i manifesti non offrissero ulteriori indicazioni su come o dove diventare membri della confraternita della RosaCroce, lasciavano intendere che le persone ritenute degne sarebbero state riconosciute e contattate a tempo debito.
Se in Francia i manifesti dei RosaCroce suscitarono la curiosità dei parigini, la Chiesa di Roma reagì con timore e ostilità: appena uscite da mezzo secolo di lotte contro l’eresia protestante, su argomenti che spaziavano dal rituale alla cosmologia medioevale, le gerarchie ecclesiastiche non erano certo disposte a tollerare un nuovo gruppo eterodosso, che prometteva di ridefinire il rapporto mistico fra Dio e la natura in termini che minacciavano l’autorità esistente. Del resto ben si sapeva in Francia che questa confraternita, comunemente chiamata dei RosaCroce, aveva già fatto numerosi proseliti in Germania, nei Paesi Bassi e in Inghilterra, i centri promotori della rivoluzione protestante.
I portavoce della Chiesa francese pubblicarono immediatamente vari scritti di denuncia dei “presunti invisibili” e dei loro “orrendi patti” con Satana. Un libello riferiva che trentasei “deputati” della RosaCroce si erano riuniti lontano dalla capitale, a Lione, il giorno stesso della comparsa dei manifesti a Parigi, e che in quell’occasione i discepoli del demonio si erano spartiti il mondo, organizzandosi in sei gruppi di sei membri ciascuno, con la missione di diffondere il loro terribile messaggio e le loro pratiche insensate in tutte le principali capitali del mondo. Due ore dopo aver ordito questi piani, gli apostati avevano celebrato un grande sabba in cui, adorno di splendide vesti e scintillante dei fuochi sotterranei dell’Ade, era apparso loro un principe delle infernali legioni del demonio. Allora i cosiddetti fratelli si erano prostrati davanti a lui e avevano giurato di rinunciare a tutti i riti e i sacramenti della Chiesa Cristiana. In cambio della loro lealtà, l’emissario di Satana aveva concesso loro poteri straordinari, come la capacità di trasportarsi tramite la magia ovunque avessero voluto, di parlare con tale eloquenza e apparente saggezza da convincere tutti ad ascoltarli, di camuffarsi così astutamente da sembrare sempre nativi di qualsiasi luogo in cui si fossero trovati, e di avere continuamente le borse piene d’oro, probabilmente grazie alla scienza dell’alchimia. Il libello confermava che sei missionari erano stati subito inviati a Parigi e una volta giunti nella città si erano nascosti al Marais, il malfamato quartiere prediletto dai protestanti e da altri presunti criminali.
Un altro scritto, intitolato Mercure de France, tentava addirittura di volgere in ridicolo l’intera vicenda: l’autore infatti osservava argutamente che l’arrivo dei RosaCroce in città aveva creato un grande panico, facendo impazzire gente che normalmente era del tutto assennata. Alcuni tavernieri, per esempio, riferivano di strani ospiti che svanivano in una nube al momento di pagare il conto, mentre altri sostenevano che i clienti avevano sì pagato, ma con monete d’oro che si erano trasformate in vile ardesia subito dopo la loro uscita dal locale. Molti innocenti cittadini che riposavano tranquillamente nei loro letti erano stati svegliati nel cuore della notte da strane apparizioni che incombevano su di loro e, quando avevano dato l’allarme, quelle impalpabili creature si erano dissolte. Il Mercure de France concludeva spiritosamente che non c’era da stupirsi se alcuni prudenti cittadini dormivano tenendo i moschetti carichi accanto al letto oppure scagliavano pietre contro gli stranieri che osavano avventurarsi nel loro quartiere.
Tutti i libelli messi in circolazione contro i RosaCroce erano assolutamente concordi nel sostenere che sarebbe stato impossibile identificare da segnali esterni chi appartenesse alla confraternita: come veniva spiegato in uno di questi volumetti, i membri della misteriosa società “non potevano comunicare o essere contattati dai fratelli se non col pensiero fortemente unito alla volontà, cioè in un modo che sfugge ai sensi“, probabilmente alludendo, con questa affermazione, alla telepatia. In un tale frangente si chiedeva a tutti i parigini che amavano sinceramente il re, la Chiesa e Dio di esercitare un’attentissima vigilanza e di denunciare chiunque professasse idee non ortodosse; da parte della Chiesa, si prometteva di procedere celermente contro chiunque fosse stato sorpreso ad avere rapporti con i RosaCroce, per punirlo alla stregua di qualsiasi stregone o adoratore del demonio. Probabilmente proprio per questa ragione non venne mai scoperto neanche un “invisibile”, né apparvero altri manifesti in città, né si seppe di persone che avessero chiesto di entrare nella setta, e apparentemente i RosaCroce scomparvero da Parigi all’improvviso così come erano comparsi. O forse, come suggerì qualche scettico, la confraternita segreta ed eretica dei RosaCroce non era mai giunta a Parigi: forse i manifesti erano stati una burla dei protestanti, per indirizzare su un’altra pista, verso altri “eretici” le vigilanti autorità ecclesiastiche.
È anche probabile che si trattasse della copertura di un intrigo politico, una qualche trama degli inglesi o dei tedeschi; ma c’era anche la possibilità che i manifesti fossero semplicemente l’astuta manovra di un libraio per promuovere un nuovo libello intitolato Fama fraternitatis, opera allegorica riguardante un misterioso personaggio di nome Christian Rosenkreuz, che si atteggiava a Messia, e il suo piccolo ma agguerrito gruppo di seguaci. Nessuno a quanto pare, seppe mai la verità sul movimento RosaCroce a Parigi e a giudicare dall’eccitazione e dalla confusione che si era venuta a creare intorno alla setta in Inghilterra, in Italia, nei Paesi Bassi e in Germania, praticamente nessuno in Europa fu in grado di fornire una spiegazione. Tutto quello che si può affermare con certezza, più di 350 anni dopo, è che le promesse di pace e sapienza universale dei RosaCroce toccavano una corda sensibile dell’animo di molti nell’Europa di quei tempi, dilaniata dai conflitti. Per quanto la Chiesa tentasse di zittire la Fama fraternitatis e gli altri manifesti RosaCroce che ben presto la seguirono, i problemi cui facevano riferimento non potevano certo scomparire.