Le origini della massoneria risalgono alle corporazioni medioevali di costruttori e artigiani. Il termine “massone” fece la sua comparsa nel XIV secolo per indicare coloro che facevano parte della locale “loggia” dei muratori. Fu solo nel corso del ‘700 che avvenne la trasformazione da gilda artigiana a potente organizzazione sociale.
Il termine freemasons (letteralmente liberi muratori, poi tradotto in italiano “frammassoni” o “massoni“) compare già nel 1375 nei documenti della città di Londra per designare i muratori, cui era concesso circolare per il paese in un’epoca in cui il feudalesimo legava indissolubilmente alla terra la maggior parte dei lavoratori. A differenza di altri artigiani del tempo, per esempio i fabbri o i conciatori, i muratori si riunivano in gruppi numerosi per lavorare a progetti imponenti e grandiosi, spostandosi da un castello o da una cattedrale appena terminati al cantiere successivo. Per proteggersi, istruirsi e addestrarsi reciprocamente, si riunivano in una “loggia” locale, cioè nell’edificio in prossimità del cantiere in cui mangiavano e dormivano, e successivamente il termine loggia passò a indicare il gruppo di muratori insediati in una certa località.
In un suo libro del 1983 sulle origini della massoneria, lo scrittore e giornalista americano George Johnson ha descritto il fascino popolare di questi gruppi: “I muratori del XIV e XV secolo erano al contempo architetti e operai. A chi non era iniziato il lavoro pareva sacro. Sin dall’antico Egitto i grandi edifici di pietra erano stati monumenti al potere, che celebravano la magia dei sacerdoti o il diritto divino dei re. Alcuni muniti di scalpelli, altri di livelle e squadre, erigevano i templi davanti ai profani“.
In breve, i muratori svolgevano un’attività esclusiva e affascinante ed avevano a cuore il loro speciale prestigio, che difendevano tenacemente custodendo gelosamente i segreti e i principi della loro arte in un’epoca che ignorava brevetti e diritti d’autore. Per salvaguardare l’integrità della loro condizione era opportuno che chi affermava di conoscere l’arte edilizia fosse effettivamente ben addestrato; preoccupazione legittima, poiché i muratori itineranti medioevali si trovavano spesso a contatto con estranei, alcuni dei quali si dichiaravano del mestiere allo scopo di carpirne i segreti. Per smascherare questi impostori, i muratori inventarono quindi un sistema sempre più articolato di parole e frasi in codice, segni di riconoscimento e speciali strette di mano; ai nuovi arrivati ponevano certe domande in un particolare modo, e solo chi rispondeva correttamente era qualificato per lavorare.
Nel Seicento, con l’aumentare del numero e del prestigio dei muratori, alcune logge cominciarono ad accettare membri onorari che non appartenevano al mestiere. Nel 1619 la compagnia dei muratori di Londra fondò a questo scopo un’organizzazione parallela, che accoglieva come “muratori accettati” persone estranee alla compagnia ma disposte a pagare il doppio della tassa di iscrizione. Quasi un secolo dopo, nel 1717, quattro logge di Londra crearono un organismo di supervisione, chiamato “Grande Loggia”, le cui riunioni annue suscitarono molto interesse, dando all’ordine un rapido impulso. La trasformazione storica della muratoria da gilda artigiana a potente organizzazione sociale cominciò in questo modo.
I massoni non aprivano le porte della loro loggia a chiunque, ma riuscirono ad attrarre il meglio della società progressista londinese: liberi pensatori di alto lignaggio, filosofi, ecclesiastici, esponenti dei ceti più elevati. Non è del tutto chiaro perché aristocratici ed intellettuali desiderassero far parte di una gilda artigiana, ma la stessa segretezza massonica sembra fosse di per sé un potente attrattore. Molti aspiranti frammassoni speravano di apprendere gli antichi mestieri e la sapienza occulta che si riteneva che i massoni possedessero; inoltre, molti ricchi estimatori nutrivano un crescente interesse per l’architettura e l’antichità.
Comunque sia, fra il 1737 e il 1907 ben sedici principi, quattro dei quali sarebbero poi diventati re, si sottoposero ai complessi rituali iniziatici per diventare “massoni accettati” ed è paradossale pensare che il messaggio massonico che tanto attraeva i ceti privilegiati fosse un principio di fratellanza universale, che insisteva sul valore di ogni uomo al di là della sua condizione sociale. Il primo Libro delle Costituzioni massonico fu redatto da un ministro della Chiesa di Scozia, James Anderson, e pubblicato in Inghilterra nel 1723. L’opera apparve in America solo alcuni anni dopo, nel 1734, per iniziativa di un gran maestro della Massoneria, Benjamin Franklin di Philadelphia. Questo documento, che costituisce una pietra miliare sulle origini della massoneria, dichiarava audacemente che nell’ambiente amichevole della loggia avrebbero potuto riunirsi e discutere idee nuove uomini appartenenti a diverse religioni: “Sebbene nei tempi antichi i muratori fossero obbligati in ogni paese a praticare la religione di tale paese o nazione, qualunque essa fosse, ora tuttavia si è ritenuto più opportuno obbligarli soltanto a quella religione della quale tutti gli uomini convengono, lasciando loro le proprie particolari e personali opinioni: cioè essere uomini retti e sinceri, o uomini d’onore e onestà, quali che siano le denominazioni o le credenze che li distinguono“.
Tolleranza e apertura mentale erano concetti importanti in un’epoca ancora così rigidamente gerarchizzata. Nel 1975 lo storico inglese J. M. Roberts scrisse: “L’enorme importanza sociale della massoneria consisteva forse semplicemente nell’offrire un’alternativa alla volgarità, alla meschinità e all’immobilismo di gran parte della vita del XVIII secolo“. Ma per il pubblico più vasto, l’atmosfera amichevole non era l’unico motivo di fascino. Gli aristocratici non erano i soli ad aspirare ad un significato esoterico della vita, anche i ceti inferiori furono attratti dalla credenza che i massoni, con tutto il loro bagaglio di usanze mistiche, e codici segreti, avessero in qualche modo ereditato l’antica sapienza occulta.