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Il furto delle anime in Cina
14 Ott 2018

Il furto delle anime in Cina

Post by Administrator

Nella cultura cinese il modo di intendere l’anima è differente rispetto a quello tipico del pensiero occidentale. Le antiche tradizioni cinesi prevedono perfino la possibilità che essa possa essere rubata o persa. Nel XVIII secolo, nella Cina centro-orientale, numerosi uomini furono accusati del furto delle anime di ignare vittime.

Furto delle Anime

Incenso

Nel pensiero tradizionale cinese, l’anima ha un’esistenza precaria, perché può essere rubata o persa. Si crede che ognuno abbia due anime: l’anima po, che regola le funzioni fisiche, e l’anima hun, che sovrintende alla mente e al cuore. Quest’ultima può talvolta staccarsi dal corpo, di solito mentre la persona dorme o è in trance, e, se non torna, il soggetto può ammalarsi, impazzire o morire, mentre l’anima vagante può essere preda dei demoni o degli spiriti, che ne estraggono l’essenza vitale. Può anche essere rubata da persone malvagie mediante incantesimi o con “manichini”, figure umane ritagliate nella carta.

Il furto delle anime conobbe un’ondata particolarmente consistente nel 1768 nella Cina centro-orientale, dove mendicanti e monaci furono accusati di tagliare i capelli dai codini degli uomini per trapiantarne l’anima nei manichini. Gli individui si sarebbero prima ammalati e poi sarebbero morti, mentre ai manichini sarebbe stata data la vita spruzzandoli con sangue umano per poi usarli per altri furti. Nella provincia di Zhejiang un uomo tentò di rubare le anime dei suoi due nipoti. Ne scrisse i nomi su pezzi di carta e chiese a un operaio di piantarli sui pali di un ponte in riparazione. L’operaio riferì la cosa alle autorità e, per aver tentato di rubare delle anime, lo zio ricevette 25 bastonate.

Sei anni prima, secondo una fonte cinese del tempo, un monaco questuante fu accusato di furto di anime nei pressi di Nanchino. E si diceva che, 60 anni prima, 11 bambine fossero morte nella provincia di Zhejiang perché ne era stata succhiata l’essenza vitale dal corpo. Colpevole dell’orrendo crimine fu ritenuto un uomo di 70 anni, condannato a morte lenta con il taglio sequenziale di parti del corpo. Mendicanti e monaci furono finalmente liberati dall’accusa di furto delle anime, ma ciò non valse a cancellare l’antica paura ormai radicata nella gente.

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