Nelle cronache di molti paesi europei ed africani spesso sono comparse storie ed aneddoti riguardanti i cosiddetti “bambini selvaggi”. Uno dei casi maggiormente documentati e seguiti con interesse dall’opinione pubblica, si verificò nel 1800 nei pressi di un piccolo paesino della Francia meridionale chiamato Aveyron.
Il caso del cosiddetto ragazzo selvaggio di Aveyron, si verificò nel 1800, quando una spaventosa creatura fu intravista nei pressi delle fattorie del piccolo paese nel sud della Francia. Sebbene camminasse eretta e indossasse una camicia, sia pure a brandelli, i movimenti striscianti e l’abbondante pelame la facevano sembrare più un animale che un essere umano. Eppure chi l’aveva vista da vicino insisteva nel dire che sembrava un ragazzo. Questa creatura non parlava, ma lanciava ogni tanto strane grida inarticolate. Fu catturata due volte, ma tutte e due le volte riuscì a fuggire.
Catturato una terza volta, il ragazzo fu sottoposto all’esame di scienziati e medici. Sebbene ci sentisse benissimo, raramente rispondeva, così dopo un po’ fu mandato a Parigi, presso l’Istituto per sordomuti, dove i dottori sentenziarono che era un ritardato mentale irrecuperabile. Solo un medico, Jean-Marc Gaspard Itard, non fu di questo parere, anzi giudicò che, con un’educazione intensiva, il ragazzo, che chiamò Victor, poteva essere “addomesticato”.
Fin dall’inizio fu evidente che i metodi convenzionali di insegnamento erano inutili dato che il ragazzo mostrava scarso interesse per qualsiasi cosa non fosse il mangiare e il dormire. Ma a poco a poco Itard imparò a volgere questo a suo vantaggio: aveva suonato per Victor senza destare in lui nessuna reazione, aveva cercato di spaventarlo con un colpo d’arma da fuoco sparato all’improvviso sempre senza risultato, ma quando sentì il rumore del ramo di un albero di noce che veniva spezzato, Victor, associandolo all’idea del cibo, si mise a grugnire tutto eccitato.
Da allora in poi il dottor Itard, nelle sue lezioni, cercò di far leva proprio sul cibo. Nascondeva una noce sotto una di tre tazze identiche, poi mescolava le tazze e se Victor, trovava la tazza giusta gli dava la noce. Il ragazzo si appassionò al gioco, anche senza ricompensa. Nel giro di pochi giorni imparò a pronunciare la parola “latte” quando questo veniva versato e in poco tempo riuscì anche a formare la stessa parola con dei dadi di legno.
Qualche volta “il ragazzo selvaggio di Aveyron” era preda di violente collere, così il dottor Itard prese una decisione radicale: sapendo che Victor aveva paura delle altezze, durante uno di questi eccessi afferrò il ragazzo e lo tenne a testa in giù fuori dalla finestra di un quarto piano per parecchi secondi. Quando Victor si calmò e cominciò a tremare, Itard lo riportò nella stanza dove il ragazzo riprese subito la lezione e finì il compito assegnatogli. Subito dopo si gettò sul letto e pianse disperatamente: per quanto risultava a Itard, quelle furono le prime lacrime che Victor avesse mai versato.
Tuttavia i suoi sforzi per educare il ragazzo davano scarsi risultati, dopo cinque anni i progressi di Victor erano irrisori, Itard dovette a malincuore ammettere che c’erano limiti alle capacità di civilizzare dei cosiddetti “bambini selvaggi“, dato che, educazione a parte, erano le tante esperienze quotidiane a formare la natura e la personalità di un essere umano, e Victor non ne aveva ancora avute. Crescere nell’isolamento, concluse Itard, mette gli esseri umani in uno stato di inferiorità perfino rispetto a molti animali, che gli istinti rendono meglio adattati per sopravvivere in un ambiente selvaggio. Il dottor Itard scrisse: “In un ambiente senza civiltà l’uomo è uno degli animali più fragili e meno intelligenti“. Il ragazzo selvaggio di Aveyron visse il resto della sua vita affidato ad una sorta di governante e morì nel 1828 a quasi quarant’anni.