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L’Uomo di Lindow e gli omicidi rituali dei Druidi
17 Ott 2012

L’Uomo di Lindow e gli omicidi rituali dei Druidi

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Nell’agosto del 1984, nella contea inglese dello Cheshire, fu rinvenuto un corpo mummificato risalente II secolo a.C. Le analisi delle circostanze della morte hanno ricondotto il cadavere ad antichi riti eseguiti dai druidi, i leggendari sacerdoti celtici. E’ molto probabile che L’Uomo di Lindow sia stato sacrificato durante una delle loro cerimonie sacre. 

Cranio dell'Uomo di Lindow

Cranio dell’Uomo di Lindow

Il 1° agosto 1984 era cominciato come un giorno qualunque per il minatore inglese Andy Mould. Aveva scavato con un gruppo di compagni a Lindow Moss, una grande torbiera del Cheshire, e, tornato in fabbrica, stava controllando il montacarichi che trasportava i blocchi di torba alla macchina che li sbriciolava. Notando sulla piattaforma quello che sembrava un pezzo di legno, Mould lo afferrò e lo scagliò per scherzo contro un compagno, che si scansò. Quando il blocco cadde a terra, e la torba si sbriciolò, i due uomini si trovarono davanti qualcosa che non poteva che essere un piede umano.

Fu subito chiamata la polizia, nonché l’archeologo della contea, Rick Turner. Le autorità riuscirono a individuare il punto dove il piede era stato estratto e ritrovarono anche il resto del corpo, sfuggito per puro caso alle lame della macchina che tagliava la torba. I resti sembravano antichi e non appartenevano, come si era temuto, alla vittima di un omicidio recente; così la polizia se ne andò, lasciando a Turner e alla sua équipe di specialisti il delicato lavoro di rimuovere quei resti senza danneggiarli.

Il corpo, un maschio, chiamato poi “Uomo di Lindow” dagli studiosi che lo esaminarono, si era ben conservato nell’ambiente acido e senz’aria della torbiera, sicché gli scienziati hanno potuto stabilire che l’Uomo di Lindow era morto intorno al II secolo a.C. e che all’epoca della morte doveva avere tra i venticinque e i trent’anni. Di peso medio e dotato di una corporatura massiccia, sebbene priva della muscolatura accentuata tipica dei guerrieri, aveva le mani lisce, non callose, di chi apparteneva ad un’alta classe sociale.

Se il corpo offriva vari indizi riguardo alla vita di quell’uomo, straordinaria fu la prova delle modalità della sua morte. L’Uomo di Lindow portava evidenti i segni di un assassinio rituale. Poiché non vi erano tracce di lotta, gli studiosi conclusero che era stato tramortito con due colpi in testa ed in seguito dissanguato con un’incisione alla carotide. Per quanto hanno potuto stabilire gli esperti, sino al momento della sua orribile morte, l’Uomo di Lindow aveva goduto di perfetta salute.

Chi era quell’uomo, e perché aveva subito quella sorte? In base allo studio dei suoi resti alcuni esperti ritengono che fosse un druido, membro della casta sacerdotale pagana dei Celti, una popolazione stanziata su parte del continente europeo e in Gran Bretagna forse sin dall’VIII secolo a.C. Si ritiene che i druidi, che presiedevano alla vita spirituale, intellettuale e rituale del loro popolo, praticassero sacrifici umani durante le cerimonie religiose, e i resti di cibo rinvenuti nello stomaco dell’Uomo di Lindow hanno probabilmente a che fare con tali cerimonie.

È proprio questa la prova che ha indotto alcuni studiosi a pensare ad una relazione con la cultura druidica. A quanto pare, l’ultimo pasto dell’Uomo di Lindow si riduceva a un pezzo carbonizzato di focaccia d’orzo, il cibo tradizionalmente consumato durante le feste celtiche in onore dell’avvento della primavera. Secondo un’antica usanza celtica, che si dice facesse parte della celebrazione, a tutti i presenti veniva distribuita una porzione di una speciale focaccia d’orzo; una di queste porzioni era carbonizzata, e chi la riceveva era destinato ad essere sacrificato agli dei.

Come nel caso di molte altre sette segrete, ciò che sappiamo dei druidi sembra un intricato tessuto di realtà e immaginazione. I druidi non hanno lasciato alcun resoconto scritto dei loro riti e delle loro credenze: preferivano infatti salvaguardare le proprie tradizioni imparando a memoria tutto lo scibile per poi trasmetterlo oralmente. Le nostre conoscenze si fondano su informazioni vaghe e approssimative offerte dalle testimonianze greche e romane, che nella migliore delle ipotesi sono di seconda o terza mano, e su alcuni poemi epici irlandesi, trasmessi oralmente per secoli e infine trascritti dai monaci medioevali. Custodendo gelosamente il proprio sapere esoterico, i druidi inculcavano nei seguaci un senso di esclusività, l’idea di essere gli unici depositari di una conoscenza speciale tramandata attraverso i secoli.

I druidi non soltanto presiedevano a tutte le cerimonie religiose e rituali, ma, a quanto riferisce Giulio Cesare nei “Commentarii de Bello Gallico” (Commentari sulla guerra di Gallia) del 51 a.C., studiavano “le stelle ed i loro movimenti, le dimensioni dell’universo e della Terra, la natura delle cose, il potere degli dei immortali“. In quanto depositari del patrimonio culturale di una società priva di scrittura, i druidi passavano la vita ad imparare a memoria le leggi e le epopee celtiche. I loro poteri politici erano almeno pari a quelli del re, che essi sceglievano personalmente all’interno della famiglia reale e consigliavano in materia di governo e di guerra. Di tanto in tanto fungevano da comandanti in battaglia, sebbene la legge non imponesse loro né l’esercizio delle armi né il pagamento delle tasse.

Conoscevano le erbe e le piante utilizzate per curare varie malattie, e praticavano numerosi metodi di divinazione: di un druido irlandese di nome Fingen si diceva che sapesse diagnosticare la malattia di un uomo dal fumo del suo camino. A quanto si tramanda, i druidi istruivano inoltre i fanciulli nelle tradizioni culturali e nelle procedure per accedere al loro ordine, in modo che un giorno potessero anch’essi entrare a far parte della prestigiosa setta.

Pare che i druidi fossero reclutati nei ceti superiori della società celtica e percorressero tre livelli, o gradi, di autorità: i vati, che praticavano la divinazione; i bardi, che recitavano la poesia sacra; e i druidi, sacerdoti incaricati delle cerimonie rituali; ma tutti finirono poi per essere genericamente noti come “Druidi“. Un giorno alla settimana i druidi si appartavano per le cerimonie religiose e presiedevano a quattro feste stagionali annuali. Si dice che i Celti, come i seguaci di Mitra, celebrassero il solstizio d’inverno il 25 dicembre; i riti iniziatici erano probabilmente effettuati nel corso di questa cerimonia e di quelle del solstizio d’estate e degli equinozi d’autunno e di primavera.

La grande celebrazione annuale Beltame, la festa di maggio che commemorava la resurrezione del Sole, comportava festeggiamenti rituali e danze; poi a mezzanotte, in un sacro boschetto illuminato dalla luce di numerosi falò, un iniziato rappresentava la morte e la resurrezione simbolica di Hu, il dio celtico del Sole. Secondo Plinio il Vecchio, le date di certe cerimonie druidiche venivano stabilite osservando l’insolita comparsa del vischio su una quercia: allora un druido di bianco vestito saliva sull’albero e con un falcetto d’oro coglieva la pianta parassita, che si credeva incarnasse lo spirito della quercia, l’albero sacro. Seguiva una grande festa, in cui sacrificavano due tori bianchi.

Molte feste druidiche erano riti agricoli della fecondità, che senza dubbio implicavano sacrifici di animali; ma è quasi certo che durante alcuni riti, alla vigilia di una battaglia o quando si ammalava un alto personaggio, i druidi sacrificassero vittime umane. Cesare afferma che i Galli costruivano grandi gabbie di vimini a forma di corpo umano, le riempivano di vittime e poi vi appiccavano fuoco. Benché di solito si offrissero agli dei criminali riconosciuti colpevoli, se i malfattori scarseggiavano, racconta Cesare, li si rimpiazzava con vittime innocenti; e secondo altre fonti, all’occorrenza i druidi sacrificavano persino i loro colleghi.

Sacerdote druido

Sacerdote druido

Anche lo scrittore greco Diodoro riferisce episodi di sacrifici umani: “Quando debbono divinare su questioni importanti, praticano una strana ed incredibile usanza, uccidendo un uomo con una coltellata nella regione sopra al diaframma“. Quando la vittima sacrificale stramazzava, continua Diodoro, “predicono il futuro osservando le convulsioni degli arti e il modo in cui si sparge il sangue“. Alcuni storici dubitano dell’attendibilità di questi macabri racconti: è assai probabile che Cesare abbia descritto a fosche tinte i selvaggi Celti per giustificare le sue guerre galliche, mentre negli altri casi non si tratta probabilmente di testimonianze dirette.

Altri autorevoli studiosi ritengono tuttavia che gli antichi resoconti storici non siano molto lontani dal vero: e la scoperta dei resti dell’Uomo di Lindow in una torbiera del Cheshire, nel 1984, avvalora effettivamente l’ipotesi che i druidi praticassero sacrifici umani. Le autorità romane in Gallia e in Britannia tolleravano questi ed altri riti religiosi druidici, ma erano preoccupate dal prestigio politico dei druidi tra le tribù celtiche assoggettate: così nel 54 d.C. fu emanato un decreto che aboliva la religione druidica e sette anni dopo venne ripresa una campagna per debellare le ultime vestigia della setta pagana.

Lo scontro definitivo avvenne ad Anglesey, un’isola al largo della costa settentrionale del Galles, una delle roccaforti del druidismo. Secondo l’autorevole storico romano Tacito, quando le imbarcazioni romane raggiunsero la riva, dai boschi sbucarono druidi dalle lunghe barbe e donne munite di torce, lanciando grida e maledizioni contro gli invasori. Ma quell’attacco puramente verbale si rivelò purtroppo inefficace contro l’acciaio delle spade romane. I guerrieri romani abbatterono tutto ciò che trovarono sul loro cammino, uomini e cose, senza risparmiare neppure gli alberi del boschetto sacro, che Tacito ci descrive orrendamente macchiati dal sangue dei celti uccisi.

Il massacro di Anglesey e la successiva conversione dei celti al cristianesimo, posero fine all’influenza druidica nel mondo antico: soltanto nel Galles ed in Irlanda, il druidismo sopravvisse fino al medioevo. In epoca moderna, tuttavia, si è assistito ad una rinascita della setta. Oggi i suoi seguaci sono più che altro impegnati a promuovere le concezioni e i principi della civiltà celtica, ma alcuni gruppi difendono ciò che ritengono essere le mistiche tradizioni dei druidi: avvolti in bianche vesti, questi druidi, bardi e vati contemporanei rievocano le cerimonie iniziatiche e le rappresentazioni stagionali, ovviamente, senza sacrifici umani, a Stonehenge e in altri siti analoghi di tutta la Gran Bretagna.

Le sette moderne sembrano attratte da questi megaliti e molti dei loro seguaci credono che siano stati gli antichi druidi ad erigere i pilastri di Stonehenge, anche se il sito risale a mille anni prima del loro arrivo in Britannia; inoltre, sebbene i druidi abbiano quasi sicuramente utilizzato il monumento come osservatorio per determinare l’avvento delle stagioni, questa antica setta sembra preferisse la solitudine dei boschetti sacri per celebrare i riti segreti della sua credenza pagana.

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