Agli inizi del ‘900, nella tundra siberiana, è stato rinvenuto, in perfetto stato di conservazione, il cosiddetto mammut della Beresovka. Gli studi sulla dinamica della sua morte improvvisa hanno messo in crisi la teoria dominante di una glaciazione graduale del nostro pianeta a favore di un istantaneo e catastrofico abbassamento delle temperature.
A quanto pare, i mammut sono scomparsi dalla faccia della Terra circa 10.000 anni fa, vittime del cambiamento di clima apportato dall’ultima grande era glaciale e di bande sempre più numerose di cacciatori che li uccidevano per la carne, le zanne e le pelli. Fin dall’inizio del secolo scorso centinaia delle loro carcasse congelate sono state ritrovate nelle gelide tundre dell’Alaska, del Canada e della Siberia.
Almeno uno di questi ritrovamenti, sulla sponda del fiume Beresovka, in Siberia, mina la teoria tradizionale sui motivi dell’estinzione dei mammut. Per metà in ginocchio e per metà ritto, il mammut del fiume Beresovka è in uno stato di conservazione quasi perfetto. La sua carne era così ben congelata che gli scienziati recatisi sul posto per studiarlo banchettarono con bistecche tagliate dai suoi lombi. Il fatto più stupefacente, però, fu che nella bocca del pachiderma furono trovati dei ranuncoli.
L’enorme mammut al momento della morte si era cibato di piante che crescono solo in climi temperati. Che cosa lo congelò fino alle ossa col boccone ancora in bocca, di colpo, come se fosse stato tuffato nell’azoto liquido? La teoria prevalente di un mutamento climatico graduale a cui i mammut non riuscirono ad adattarsi in questo caso non regge. Un lento congelamento avrebbe formato cristalli di ghiaccio e in seguito avrebbe prodotto la putrefazione durante il processo di scongelamento. Ma il mammut della Beresovka era così fresco da poter essere mangiato senza dare sintomi di intossicazione. Le temperature necessarie per ottenere un simile congelamento istantaneo sono state stimate a -100°C, e non sono mai state registrate neppure in quel frigorifero naturale che è la vicina calotta artica.
Cosa provocò un tale catastrofico abbassamento della temperatura dell’aria circostante? In assenza di un inverno nucleare prodotto da bombe atomiche, è necessario cercare uno scenario alternativo. Gli studiosi chiamati ad esprimersi in merito avanzarono un’ipotesi in base alla quale i frequenti incendi boschivi e le eruzioni vulcaniche dell’epoca introdussero nell’atmosfera immense quantità di calore e di detriti fungendo da filtro per i raggi solari.
Una seconda teoria suggerisce che circa 10.000 anni fa il mondo fu scosso da un immane terremoto, il più intenso e distruttivo mai verificatosi sul nostro pianeta. Il sisma, con epicentro lungo la linea di congiunzione di due enormi placche tettoniche, provocò una massiccia fuoriuscita di lava e di gas vulcanici. Spinti dall’elevata energia liberata dal sisma, i gas salirono negli strati più alti dell’atmosfera per poi precipitare rapidamente verso il basso. Nella loro velocissima discesa, i gas cedettero calore agli strati sottostanti dell’atmosfera fino a raggiungere il suolo a temperature bassissime, congelando all’istante il mammut del fiume Beresovka ed altri suoi simili intenti a cibarsi di piante.