La credenza nell’esistenza dei vampiri affonda le sue radici nella notte dei tempi. Nel corso dei secoli la figura del “vampiro” è cambiata profondamente fino ad assumere un’aura romantica ed aristocratica conferitagli soprattutto da numerosi scrittori del XIX secolo come Bram Stoker autore del celeberrimo Dracula.
Nel 1732, un medico dell’esercito, Johannes Fluckinger, si recò a Medvegia, un paese dell’ex Jugoslavia, per investigare su alcuni assassinii attribuiti a vampiri. Gli abitanti del luogo gli parlarono di un certo Arnod Paole, che affermò di essere tormentato da un vampiro, di essersi sporcato con il sangue e di aver mangiato un po’ di terra della sua tomba per liberarsene.
Quando Paole morì e fu sepolto, la gente cominciò a lamentarsi di essere perseguitata e vi furono quattro morti. Quaranta giorni dopo la sua morte, la salma fu riesumata e si riscontrò che sangue fresco fluiva dagli occhi, dal naso, dalla bocca e dalle orecchie. La pelle e le unghie erano cadute, ma stavano ricrescendo.
Fluckinger riferì che, dedottone che si trattava di un vampiro, “gli abitanti del villaggio gli piantarono un paletto nel cuore, com’era loro costume, al che il morto emise un gemito e sanguinò copiosamente“. Dopo aver bruciato la salma, ci si occupò dei quattro assassinati, i quali, essendo stati uccisi da un vampiro, erano diventati essi stessi vampiri.
Gli abitanti del villaggio dissero al medico che anche chi mangiava la carne del bestiame attaccato da un vampiro aveva lo stesso destino. Aperte le tombe di 17 persone morte negli ultimi tre mesi, Fluckinger constatò che le loro salme erano nelle stesse condizioni di quella di Paole. Erano vampiri? La maggior parte dei segni poteva essere spiegata con i normali processi di decomposizione di un cadavere. Tali macabri effetti si riscontrano più facilmente quando la fossa è poco profonda; il che non sorprende, poiché i predestinati al vampirismo dalle credenze popolari vengono spesso sepolti frettolosamente.
Secondo il folclore, il vampiro, un cadavere vivente, succhia il sangue dei vivi non solo per esaurirne la vitalità e diffondere il contagio, ma anche per rianimarsi. La credenza che i vampiri provocassero le epidemie esisteva già nel XII secolo. Per tenerli lontani, la gente faceva ricorso all’aglio, ritenendo che il suo odore disperdesse quello dei cadaveri e impedisse la diffusione di malattie.
I veri vampiri appartengono all’Europa centrale e orientale (“vampiro” è un vocabolo che deriva dal serbo-croato). Secondo antiche tradizioni è possibile ucciderli e renderli inermi in diversi modi: seppellendoli a un crocevia, conficcando loro un paletto nel cuore, decapitandoli o bruciandoli. Come altre creature malefiche, si crede che sia possibile ucciderli con una pallottola d’argento e allontanarli con un crocifisso. Le leggende del tempo narrano che peccatori, suicidi, stregoni e alcolisti sono particolarmente inclini a diventare vampiri così come ad alto rischio sono i bambini nati con i denti, le persone assassinate e rimaste non vendicate e i cadaveri che non hanno avuto sepoltura cristiana.
Nelle leggende che li riguardano, non manca l’elemento erotico. Nelle regioni dei Balcani si racconta di vampiri che escono dalle tombe e che impongono le loro attenzioni ai precedenti coniugi terrorizzati, mentre, se non sono stati sposati, fanno visita a giovani innocenti dell’altro sesso. Alla fine del XVIII secolo, questo elemento erotico introdusse i vampiri nei romanzi gotici dell’orrore e nelle poesie degli scrittori romantici, i quali, per adattarli meglio al ruolo, li fecero salire nella scala sociale da contadini ad aristocratici.
Nell’anonimo best seller del 1847, Varney the Vampire or The Feast of Blood (“Varney il vampiro o La festa di sangue”), sir Francis Varney aveva occhi simili a metallo, unghie ad artiglio, denti acuminati e un debole per le donne. Invece in “Carmilla”, del 1870, Sheridan Le Fanu presenta una donna-vampiro, bellissima, giovane e lesbica, che alla fine risulta essere una contessa deceduta da tempo. Fu questa opera a indurre Bram Stoker a iniziare le ricerche sul famoso vampiro-eroe Dracula, di cui pubblicò la storia nel 1897. Il suo emaciato conte della Transilvania, frutto di elementi folcloristici, storici e di fantasia, è liberamente ispirato a Vlad Tepes III di Valacchia (regione dell’odierna Romania), il quale, durante gli anni del suo regno si guadagnò il soprannome di “Impalatore” per aver impalato, a quanto pare, decine di migliaia di persone. Fra le sue vittime, molti prigionieri delle guerre contro i Turchi. Era noto anche con il soprannome di Draculaea, che in rumeno significa “figlio del diavolo” (da cui “Dracula”). Con i suoi canini e lo sguardo magnetico Dracula è apparso da allora in molte opere teatrali e film. La sua immagine in chiave moderna è elegante ed estremamente sensuale.