Strane creature e mostri marini da sempre popolano i racconti dei pescatori. Ritenuti spesso frutto di fantasia e di fervida immaginazione, l’esistenza di gigantesche creature degli abissi è stata relegata a pura diceria. In realtà, sono numerose le storie attendibili e le prove che testimoniano della reale esistenza di tali esseri quali il “calamaro gigante”.
Fin da tempi remoti i marinai rientravano in porto raccontando di creature malvagie che popolavano le profondità delle acque. Strane creature e mostri marini sono sempre rimasti in agguato nella coscienza umana.
Uno, in particolare, sembra avere un posto di primo piano tra le terrificanti creature celate nel mondo degli abissi: il calamaro gigante.
L’immane corpo cilindrico con gli enormi occhi rotondi, le otto braccia serpentine e i due lunghissimi tentacoli, è stato descritto spesso nell’arte figurativa e nella letteratura. Antiche ceramiche greche lo raffigurano nell’atto di aggredire barche da pesca; stampe giapponesi lo mostrano in lotta con le balene; Aristotele e Plinio ne scrissero entrambi e il Kraken norvegese pare compendiarne le caratteristiche insieme con quelle del polpo. Eppure, sebbene gli avvistamenti fossero frequenti e le descrizioni molto simili, il calamaro gigante fu ritenuto un mostro marino mitico sin verso la fine dell’800, quando, per cause che gli studiosi non seppero spiegarsi, a Terranova se ne videro ben una dozzina. La maggior parte fu trovata arenata a riva e pochi vennero riconosciuti o esaminati da esperti.
Ma un incontro casuale, nel 1873, fornì a tre sfortunati pescatori e agli scienziati la prova di quanto generazioni di navigatori avevano sempre saputo: il calamaro gigante non solo esisteva, ma a volte costituiva una minaccia mortale.
Poco prima dell’alba del 26 ottobre 1873 l’aria era fredda e umida e St. John, il porto alla punta sud-est di Terranova, si trovava avvolto nella nebbia. Daniel Squires e Theophilus Piccot, due esperti pescatori protetti da caldi maglioni di lana e giacche incerate, volevano gettare le reti per le aringhe nella vicina cala. Tom, il figlio dodicenne di Piccot, si unì a loro per imparare il mestiere paterno.
I tre si sistemarono nella loro imbarcazione a fondo piatto, di circa sei metri, e si portarono a remi nella Conception Bay. Dopo essersi allontanati dalla riva notarono qualcosa di “strano” nelle acque intorno alla loro barca ma ritennero che fosse solo un ammasso di alghe ed avanzarono senza particolari indugi. Avvicinandosi maggiormente compresero subito che la loro ipotesi era completamente sbagliata e che si trattava di tutt’altro.
La superficie della strana cosa era liscia, rosso-violacea e i pescatori, pur chiedendosi se non si trattasse di un animale marino, non pensarono certo che potevano trovarsi di fronte ad un calamaro gigante.
Uno di loro colpì la massa con un gancio di bordo e allora parve esplodere, sferzando l’aria con otto lunghe e grosse braccia munite di ventose, al cui centro apparivano degli occhi grandi come piatti. Un paio di tentacoli simili a serpenti e lunghi il doppio delle braccia saettarono dall’acqua ribollente verso la barca.
In pochi secondi il gigantesco calamaro avviluppò la preda nella stretta tenace d’un tentacolo e stava per portarla nella bocca spalancata. Il calamaro incominciò a tirar sotto l’imbarcazione dei poveri pescatori. Dopo alcuni interminabili istanti di smarrimento, questi presero a colpire il mostro marino alla disperata con i remi e intanto cercavano di svuotare la barca come meglio potevano con un piccolo secchio.
Fu il ragazzo Tom Piccot a levare dai guai la loro imbarcazione. Tom afferrò un’ascia e manovrandola furiosamente riuscì a stroncare il braccio e il tentacolo che afferravano il natante. Il mostro allora si allontanò, rapido, lasciandosi dietro nuvole d’inchiostro. I pescatori tornarono in fretta a riva, con il tentacolo amputato ancora stretto alla barca.
Giunti in porto, mostrarono la prova inconfutabile dell’incontro a tutti gli altri pescatori e alla gente del luogo raccontando lo straordinario incontro che poco prima li aveva visti protagonisti in mare aperto e che aveva rischiato di ucciderli. Il tentacolo, o meglio la parte recisa, fu misurato e risultò essere lungo 2,70 metri. Una misura davvero insolita per un calamaro!