La tradizione cristiana tramanda che la nascita di Gesù fu accompagnata dalla comparsa nel cielo di una cometa che guidò i Magi verso il luogo in cui venne alla luce il Cristo. Lungi dall’essere una semplice credenza, esistono prove tangibili che testimoniano la veridicità di tale avvenimento.
Verso la fine del I secolo a.C. nei cieli del vicino Oriente apparve un prodigio che segnò l’inizio di una nuova era della storia mondiale. La vicenda, così come riferita nel Nuovo Testamento, è nota a tutti. Allora, come ora, la Palestina era un calderone politico in ebollizione e subiva la dominazione romana: il re fantoccio della Giudea, l’ambizioso despota Erode, manteneva un precario dominio sul suo regno. Gli ebrei, rifiutandosi di adeguarsi alla cultura greco-romana che Erode cercava d’imporre, confidavano nell’avvento di un Messia liberatore e impazienti attendevano il segno che avrebbe annunciato il suo arrivo. Questo era lo scenario politico che accompagnò, secondo i Vangeli, la nascita di Gesù a Betlemme e la comparsa in Giudea di alcuni misteriosi viandanti: “Alcuni Magi giunsero da Oriente a Gerusalemme e domandavano: dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo“. (Matteo 2,1-2)
A re Erode non sfuggirono le implicazioni delle loro profezie che annunciavano la nascita di un nuovo re e ne fu chiaramente terrorizzato: convocò il consiglio dei sommi sacerdoti e degli scribi e ordinò loro di scovare il luogo di nascita dell’atteso Messia, il “re dei Giudei”. Il profeta Michea nell’Antico Testamento (Michea 5,1-2) aveva predetto che Betlemme, il piccolo villaggio della Giudea, avrebbe un giorno dato i natali al nuovo capo del popolo d’Israele. Fidando nelle parole del profeta, Erode chiamò a sé i Magi affinché gli rivelassero il luogo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme ad informarsi del nuovo re, dato che desiderava andare ad adorarlo lui stesso. I saggi, o Magi, secondo il termine greco usato nel Nuovo Testamento, presero la via di Betlemme e videro di nuovo la stella: “Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino“. (Matteo 2,9) Dopo aver offerto i doni a Gesù furono avvertiti in sogno di non recarsi da Erode e “per un’altra strada fecero ritorno al loro paese“. Quando Erode si accorse “che i Magi si erano presi gioco di lui“, montò in collera perché aveva mancato l’occasione di individuare il neonato Messia e ordinò di trucidare tutti i fanciulli di Betlemme sotto i due anni d’età. Nel frattempo Giuseppe e Maria erano fuggiti in Egitto.
Fin qui il colorito racconto dei Magi e della stella cometa, versione ormai riconosciuta dalla cultura cristiana di tutto il mondo, ma ha un fondamento di verità? La vicenda è riportata da uno solo dei quattro evangelisti, Matteo, e qualunque storico che disponesse di una sola testimonianza nutrirebbe dubbi sulla veridicità dell’episodio, anche se, pur tralasciando le dissertazioni sull’autenticità dei Vangeli in quanto tali, quello di Matteo è considerato il più antico racconto della vita di Gesù e quindi il più vicino al vero.
In primo luogo, la figura dei “Magi” che seguirono la stella cometa non è per nulla il parto della fantasia di Matteo e l’intera vicenda si inserisce perfettamente nel quadro del clima politico e delle credenze religiose del tempo. Fonti classiche descrivono i Magi come una casta sacerdotale aristocratica dell’antica Persia, paragonabili ai bramini dell’India moderna. I Magi erano gli eredi dei savi caldei dell’antica Babilonia le cui attente osservazioni dei cieli avevano portato alla nascita di una scienza astronomica estremamente avanzata. In quanto consulenti astronomici degli imperatori persiani, i Magi erano temuti e rispettati in tutta l’area compresa fra il Mediterraneo e la valle dell’Indo.
I Magi e re Erode, dunque, sono veramente esistiti; ma si può dire altrettanto della stella cometa? Qui i problemi interpretativi sono più difficili da superare. Che genere di astro aveva spinto i Magi a lasciare l’Oriente (la Persia) per poi ricomparire e fermarsi su Betlemme identificandola come il luogo in cui era nato il Cristo? Sono state avanzate le ipotesi più disparate e di volta in volta il misterioso oggetto apparso in cielo è stato identificato con palle di fuoco (meteore o meteoriti), comete, novae (stelle che aumentano bruscamente di luminosità per poi indebolirsi) o supernovae, congiunzioni planetarie, con Mira Ceti (la stella variabile nella costellazione della Balena), con il pianeta Venere e perfino con gli UFO.
Una di queste ipotesi può essere quella giusta? Possiamo trarre qualche conclusione concreta dal succinto racconto di Matteo? Si, secondo David Hughes, assistente di astronomia presso l’Università di Sheffield in Inghilterra, che ha studiato approfonditamente l’argomento. Basandosi sul testo evangelico, Hughes ha elencato un certo numero di criteri che devono essere soddisfatti per determinare l’esatta natura della stella:
- La stella a quanto pare è apparsa in due tempi successivi: in un primo momento quando ancora i Magi erano in Persia, poi come segno su Betlemme alla conclusione del loro viaggio.
- La stella doveva avere un significato astrologico ben preciso per i Magi.
- La stella fu avvistata la prima volta in Oriente. Le esatte parole greche utilizzate da Matteo, “ex en anatole“, secondo alcuni stanno ad indicare un termine tecnico che significa “sorgere acronico” cioè l’apparizione di una stella o di un pianeta ad est nel momento in cui il Sole tramonta ad ovest.
- La stella “si fermò” su Betlemme in modo tale da indicare il luogo in cui era nato Gesù.
- La stella fu vista in movimento (la stella “li precedeva“).
Come sostenuto da molti nel corso dei secoli, solo una stella cometa soddisfa tutte le condizioni. Possono sorgere in punti diversi del cielo, compreso l’Oriente, e attraversare il firmamento ad una velocità di 10° al giorno, spostandosi da una costellazione alla successiva ogni tre o quattro giorni. Possono anche “fermarsi” su un punto preciso, con la coda che sembra puntare minacciosa. Lo storico del tempo, Giuseppe Flavio, racconta di una cometa a forma di spada (si deve trattare della cometa di Halley) che “si fermò” su Gerusalemme nel 66 d.C. come messaggero di sventura. Di fatto la parola greca per indicare “si fermò” è identica sia nel testo di Matteo sia in quello di Giuseppe Flavio.
Secondo i romani, le comete preannunciavano eventi politicamente nefasti, per esempio, la morte del sovrano. La loro apparizione gettava nel panico gli imperatori particolarmente paranoici, come Nerone, che cercò di annullare le influenze negative della cometa trucidando tutti i nobili su cui riuscì a mettere le mani. Allora perché ricorrere all’apparizione della cometa, messaggera di sventura, per annunciare la nascita del nuovo Messia? Questa è l’obiezione sollevata da Hughes all’ipotesi della cometa. Tuttavia i romani riuscivano a cogliere anche l’aspetto positivo di questi presagi: la cometa apparsa alla morte di Giulio Cesare nel 44 a.C. rappresentava l’anima dell’imperatore che saliva in cielo per andare ad occupare il suo posto tra gli dèi. Né va dimenticato che i Magi lessero positivamente l’apparizione della cometa concordemente con le tradizioni astrologiche delle terre dalle quali provenivano.
L’identificazione della misteriosa stella di Betlemme con una cometa fu proposta per la prima volta già nel III secolo d.C. da Origene, uno dei primi scrittori cristiani di lingua greca: “Ritengo che la stella apparsa in Oriente fosse un nuovo astro, senza nulla in comune con quelli che ci si mostrano nelle sfere fisse [le stelle propriamente dette], o nelle sfere inferiori [i pianeti]. Presumibilmente fu come una di quelle comete che sogliono comparire di tanto in tanto e che i greci distinguono, secondo la loro forma, chiamandole ora comete, ora stelle caudate, ora botti o con altri nomi ancora“. Inoltre, aggiunge che: “Nel Trattato sulle comete di Cheremone lo Stoico si afferma che a volte, prima che accada qualcosa di positivo, compaiono le comete. Quindi se al principio di una nuova dinastia sorge una cometa perché dovremmo stupirci se per annunziare la nascita di colui che introdurrà al mondo una nuova dottrina è sorta una stella?“
La teoria di Origene ha inaugurato una lunga tradizione che identifica la stella di Betlemme con una cometa. Questa interpretazione si diffuse specialmente nel Medioevo e fu fatta propria da molti pittori, incluso Giotto (1267-1337) che, fra il 1301 ed il 1305 produsse i meravigliosi affreschi della Cappella degli Scrovegni a Padova. L’anno 1301 fu caratterizzato da una delle più spettacolari apparizioni della Cometa di Halley descritta con estrema vivezza da tanti contemporanei di Giotto e probabilmente osservata dallo stesso pittore. La scena della natività ritratta nella cappella include una raffigurazione estremamente realistica della cometa che fa capolino sulla stalla mentre la Sacra Famiglia riceve i doni dei Magi.