Il termine di origine araba “fachiro” veniva utilizzato inizialmente per indicare degli asceti in grado di controllare, grazie alla meditazione e al potere della mente, le proprie funzioni corporee. Nel corso dei secoli numerosi “fachiri” o “sadhu” (come si preferisce chiamarli in India) hanno dato prova di riuscire a trascendere totalmente il mondo materiale.
Nel 1835, il Calcutta Medical Times pubblicò l’incredibile storia di uno yogi indiano, di nome Haridas, che si fece seppellire vivo per quattro mesi. Il generale britannico sir Claude Wade aveva presenziato una volta all’apertura di una cripta a Lahore, in cui Haridas era stato sepolto per 40 giorni. All’inizio sembrava che il corpo rigido e contratto dello yogi non desse segni di vita, ma quando il medico, tolti i tamponi di cotone dal naso e dalle orecchie, gli fece un bagno, lo massaggiò e gli insufflò aria nei polmoni, in poche ore Haridas tornò alla normalità.
Da secoli i racconti indù e islamici parlano di asceti, a volte definiti con l’espressione araba “fachiri” sebbene in India si preferisca il termine “sadhu”, in grado di giacere su letti di chiodi, trafiggersi con spuntoni metallici, camminare sui carboni ardenti, levitare a comando ed eseguire prodezze che richiedono una forza eccezionale, come per esempio, sostenere il peso di un elefante su una piattaforma posta sul torace.
La parola “fachiro”, di origine araba, designava originariamente una persona che si sottoponeva a rigorose privazioni con spirito religioso al fine di trascendere il mondo materiale e ottenere l’illuminazione spirituale. Mediante la meditazione e la disciplina della mente, il fachiro rallenta e controlla le funzioni corporee (temperatura, pressione sanguigna, battito del cuore e respirazione) entrando così in una sorta di trance che lo rende insensibile al dolore.
Alcuni fachiri sono impostori che ricorrono a trucchi, ma ve ne sono altri che sembrano possedere autentici poteri di autocontrollo, probabilmente impiegando l’autoipnosi. Negli anni trenta del ‘900, un fachiro egiziano, Tahra Bey, spiegò al giornalista inglese Paul Brunton che, comprimendo determinati centri nervosi, riusciva ad anestetizzare il proprio corpo fino a raggiungere lo stato di catalessi, il che gli permetteva di rimanere 24 ore sott’acqua in una bara sigillata.
A Linz, in Austria, il 13 dicembre 1952, Rudolph Schmied, noto come “il fachiro Rayo”, si fece rinchiudere in una struttura di metallo e vetro in cui visse per un anno. Nel dicembre 1971, lo stesso personaggio sbalordì il pubblico del Madison Square Garden di New York conficcandosi lame nelle braccia e trascinando sul palcoscenico un grosso cilindro di metallo, attaccato a una catena inchiodata alla lingua. Il potere della mente aveva reso possibile ciò che sembrava non esserlo.