Una vecchia leggenda popolare boliviana racconta che una misteriosa voce proveniente dall’interno del Potosì, enorme montagna dell’altopiano delle Ande, vietò agli Inca di prelevare argento dai giacimenti in essa presenti. Gli indigeni spaventati dalla misteriosa voce decisero allora di abbandonare definitivamente gli scavi.
In una fredda notte del 1544, un indio chiamato Diego Gualpa dormì sul Potosì, una montagna dell’altopiano andino, a 4.000 metri di altitudine, nell’odierna Bolivia. L’uomo era preoccupato, non sapendo come trovare i soldi per pagare le nuove tasse imposte dai dominatori spagnoli e dormì male. Solo al mattino si accorse di trovarsi su una vena d’argento e, presone un po’, lo portò alla vicina città per pagare le tasse.
Quando gli Spagnoli ne vennero a conoscenza si rallegrarono enormemente per la scoperta, ma si meravigliarono che gli Inca, che avevano usato tanto argento per i loro templi, non sapessero dell’esistenza del giacimento del prezioso metallo.
Dalla gente del posto appresero che in passato furono fatti diversi tentativi per estrarre l’argento del Potosì, ma molti minatori morirono durante le operazioni di scavo. Una notte, mentre le attività di estrazione procedevano ininterrotte, si udirono voci misteriose provenienti dalla montagna dire: “Non scavate qui. Il giacimento è destinato a gente migliore che verrà in seguito“. A questo punto gli Inca, sorpresi quanto spaventati dalla misteriosa voce proveniente dal cuore della montagna, decisero senza esitazione di obbedire e abbandonarono gli scavi sul monte Potosì lasciando intatti i suoi enormi giacimenti d’argento.
La scoperta del Potosì diede un impulso enorme alla colonizzazione spagnola dell’America del Sud. Solo nel 1592, furono spedite 201 tonnellate d’argento in Spagna. Questa ricchezza favorì lo sviluppo del capitalismo europeo, mentre il Potosì diventava un centro sempre più importante, con una popolazione di oltre 100.000 abitanti nel 1600.
Ma gli indigeni non se la passavano bene. Molti di loro, obbligati a lavorare sotto terra, morirono, e al culto della generosa madre terra, Pachamama, sostituirono quello dell’avido El Tìo (lo Zio). Ancora oggi, in Bolivia, i minatori offrono coca e chicha (una bevanda alcolica) a El Tìo, ma continuano a morire per incidenti e malattie respiratorie.