Carl Gustav Jung si interessò ai fenomeni paranormali e al mondo dell’occulto per l’intero arco della sua vita. Divenne un profondo studioso di astrologia ed alchimia e non mancò di raccogliere in forma scritta tutti gli episodi paranormali dei quali fu protagonista, uno dei quali fu una visione condivisa con una sua amica.
Carl Gustav Jung, il famoso psicoanalista svizzero, è noto anche per il suo profondo interesse per l’occulto. Nessun argomento nel campo del paranormale sfuggiva alla sua attenzione e al suo acume. Egli seguì i primi passi della parapsicologia, diventò uno studioso sia di astrologia sia di alchimia, e prese nota con cura delle sue esperienze paranormali. Molti di questi episodi sono descritti in modo approfondito nel celebre libro autobiografico “Ricordi, sogni, riflessioni“.
Ebbe quella che è probabilmente la più strana delle sue esperienze nel 1913, mentre visitava con un’amica la tomba di Galla Placidia a Ravenna. Lo psicologo rimase particolarmente colpito da un mosaico raffigurante Gesù Cristo che porgeva la mano a Pietro mentre questi affondava nelle onde. Jung e la sua amica esaminarono per venti minuti il mosaico e discussero a fondo del rito originario del battesimo. Jung non dimenticò mai quell’opera d’arte. Aveva voluto acquistarne una foto, ma non era riuscito a trovarla.
Tornato a Zurigo, chiese a un amico in partenza per Ravenna di procurargli una fotografia del mosaico. Seppe così una cosa sbalorditiva e inesplicabile: il mosaico che Jung e la sua amica avevano visto non esisteva. Carl Gustav Jung riferì la sua scoperta all’amica, ma essa si rifiutò di credere che avessero condiviso un qualche genere di allucinazione o visione. Tuttavia la verità era incontestabile: nessun mosaico come quello aveva mai figurato sulla parete del battistero.
“In base alle nostre conoscenze“, scrisse Jung, “è assai difficile determinare se, e in qual misura, due persone vedono simultaneamente la stessa cosa. In questo caso, io potrei accertare che almeno nelle sue caratteristiche principali quello che entrambi avevamo visto era lo steso mosaico“. Più tardi definì l’esperienza occorsagli a Ravenna come “la più strana della mia vita“.