I Dogon, un’antica popolazione del Mali, in Africa occidentale, possiedono conoscenze astronomiche che risultano totalmente inspiegabili. Le tradizioni locali affermano che tali conoscenze siano derivate dagli antichi eroi “Nommo”, creature dalla coda di pesce, provenienti dalla stella Sirio.
Negli anni ’30 del XX secolo l’antropologo francese Marcel Griaule andò a vivere con i Dogon, una tribù stanziata nel Mali, in Africa occidentale. Lo studioso riuscì ad integrarsi a tal punto nella vita del villaggio che ben presto iniziò ad essere considerato uno di loro. Per la prima volta gli anziani della tribù decisero di mettere al corrente uno straniero dei segreti più reconditi che solitamente venivano svelati solo agli iniziati.
Ciò che Graule ebbe modo di apprendere in quegli anni aveva dello straordinario: la dettagliata cosmogonia dei Dogon implicava conoscenze astronomiche talmente avanzate da sembrare impossibile potessero appartenere ad un popolo che ignorava l’esistenza di strumenti come il telescopio e che di fatto non aveva alcun contatto con il mondo occidentale. Secondo i Dogon, Saturno è perennemente avvolto da un alone e nei loro disegni è inequivocabilmente circondato da un anello. Affermano inoltre che attorno a Giove ruotano quattro “stelle” ed in effetti, sebbene questo pianeta abbia più di una dozzina di satelliti, solo quattro (Io, Europa, Ganimede e Callisto) hanno dimensioni ragguardevoli, mentre gli altri sono pianetini o poco più che detriti spaziali.
Come si spiega tutto ciò? Ovviamente sono state avanzate le più svariate ipotesi. La più semplicistica, sostenuta dagli scettici, è che tutto ciò che i Dogon sapevano su Saturno e su Giove lo avessero appreso dai primi visitatori occidentali, i missionari. È una risposta assolutamente inconsistente, poiché mai nessuno è riuscito a provare come, quando e perché i missionari abbiano passato le loro nozioni di astronomia ai nativi.
Secondo altri, questi popoli conoscevano il telescopio. Le lenti, ricavate da cristalli, erano utilizzate nel mondo antico già nel 2300 a.C. e quindi è virtualmente possibile che, unendo due lenti convesse siano riusciti a costruire uno strumento adatto all’osservazione celeste. Con un mezzo simile a disposizione, gli egizi sarebbero stati in grado di osservare tanto le lune di Giove quanto gli anelli di Saturno e avrebbero potuto passare tali informazioni ai Dogon. Tuttavia non ci sono descrizioni o dipinti antichi a sostegno di questa ipotesi e pertanto rimane puramente teorica.
Gli anziani Dogon narrarono a Griaule che Sirio (in lingua locale “sigu tolo“) è circondata da due stelle e ne disegnarono perfino la posizione. Nel 1950 Griaule e la collega Germaine Dieterlen pubblicarono un articolo che illustrava la teoria dei Dogon riguardo il sistema Sirio. Il punto focale della principale cerimonia di iniziazione dei Dogon, chiamata “Sigui“, era annunciato dall’apparire della prima di queste misteriose stelle aggiuntive denominata “to polo“. I sacerdoti Dogon sostenevano che “to polo” compie una rotazione completa attorno a Sirio ogni cinquant’anni e che, sebbene sia “la cosa più piccola che esista“, è anche “la stella più pesante“.
Griaule e Dieterlen non aggiunsero alcun commento a queste affermazioni, tuttavia il fatto straordinario è che Sirio è, in effetti, una stella doppia; la stella (Sirio B) che gravita intorno all’astro principale fu scoperta dagli astronomi nel 1863 e fu fotografata per la prima volta nel 1970 grazie all’ausilio di un potente telescopio. Questo cosiddetto “compagno di Sirio” è una nana bianca, quindi immensamente densa e pesante, e la sua orbita attorno a Sirio dura cinquant’anni.
Come facevano i Dogon ad avere tutti questi dati su una stella assolutamente non rilevabile ad occhio nudo per via dell’estrema lucentezza dell’astro principale? Intrigato da questo enigma lo scrittore americano Robert Temple, storico delle scienze, spese dieci anni della sua vita alla ricerca di una risposta. La soluzione presentata nel libro “Il Mistero di Sirio” è stupefacente.
Temple conclude affermando che l’unico modo per cui i Dogon abbiano potuto apprendere dell’esistenza di Sirio B è che qualcuno glielo abbia detto. Egli, come Dieterlen che l’aveva definita “assurda”, rigetta l’ipotesi, tanto cara agli scettici, che siano stati i missionari a passare le informazioni. I manufatti dei Dogon, risalenti a centinaia di anni prima, già descrivevano l’orbita delle tre stelle del sistema di Sirio. I Dogon stessi parlano di eroi chiamati “Nommo”, noti anche come “maestri” o “padroni delle acque“, strani visitatori dalla forma di pesce che provenivano da Sirio.
Come sottolinea Temple, questi esseri assomigliano indubbiamente alle creature dalla coda di pesce da cui i babilonesi dicono di aver appreso le arti e le scienze. Giungendo a conclusioni a dir poco ardite, egli sostiene che Sirio è stata abitata da esseri anfibi che migliaia di anni fa raggiunsero il sistema solare e atterrarono sul nostro pianeta. Temple basa la sua teoria sul fatto che Sirio era nota anche agli antichi egizi, da cui i Dogon mutuarono le proprie conoscenze. Temple sembra essere incappato nella prima ed unica prova plausibile dell’invasione della Terra da parte di extraterrestri in tempi antichi. Tuttavia, il mistero di Sirio è lungi dall’essere risolto.