In tutte le culture antiche si è cercato di fornire una spiegazione plausibile al fenomeno delle eclissi. Di norma veniva considerato un avvenimento nefasto, annunciatore di calamità e di morte. Espressione della collera degli dei nei confronti degli uomini i quali riponevano in specifici rituali la speranza di placare l’ira divina.
Una leggenda cinese dice che nel 2136 a.C. l’imperatore Chung K’ang un giorno inorridì vedendo che l’oscurità scendeva anzitempo sulla Terra e, alzando gli occhi, notò che il Sole si stava riducendo ad una falce sottile, il che significava che i draghi lo stavano aggredendo. L’evento, foriero di sciagure, poteva essere previsto dagli astronomi di corte e le funeste conseguenze potevano essere sventate scoccando nugoli di frecce verso il cielo e battendo i tamburi a tutta forza, in modo da scatenare un pandemonio.
Questa volta, però, Hsi e Ho, gli astronomi di Chung K’ang non avevano preannunziato il fenomeno e quindi nessuno aveva lanciato il contrattacco. Il Sole, nonostante ciò, di lì a pochi minuti ricomparve, indenne come prima. Non se la cavarono indenni, però, Hsi e Ho, che per colpa della mancata previsione furono messi a morte. I cinesi non erano gli unici a temere l’improvvisa scomparsa del Sole o quella della Luna in un cielo senza nubi. Il termine da noi impiegato, eclissi, deriva infatti dalla parola greca ekleipsis, che vuol dire abbandono, perciò un qualcosa che ha il sapore del malaugurio.
Su una tavoletta di argilla incisa nel 1375 a.C. ad Ugarit, in Siria, e che costituisce una delle prime descrizioni note in materia, si legge che “il giorno del novilunio di Hiyar (marzo-aprile) il giorno fu svergognato. Il Sole tramontò mentre era ancora chiaro“. In tutte le culture antiche si ricercò una spiegazione all’inquietante fenomeno, considerato nefasto annunzio di calamità, di morte, di collera degli dei. Prima del 400 a.C. il poeta greco Pindaro si chiedeva se quel prodigio fosse “un presagio di guerra o di carestia. La neve ricoprirà la Terra o la inonderanno i mari? I campi ghiacceranno o il vento del sud porterà le piogge? O tutti gli uomini moriranno annegati sotto un diluvio?“.
Per tenere lontani i mali provocati da un’eclissi, gli antichi riponevano ogni loro speranza nell’uno o nell’altro rituale. Più di quattro millenni or sono i Caldei credevano che la sparizione della Luna fosse dovuta ad un attacco sferrato da sette demoni, preannunziante la fine del mondo, e all’inizio di ogni eclissi indicevano una cerimonia che avrebbe avuto il potere di fare da barriera alla catastrofe. Un sacerdote accendeva una torcia, la collocava sopra un altare e intonava inni funebri alle maggiori divinità. Gli uomini si toglievano i turbanti, si coprivano il capo con le vesti e urlavano alzando il volto al cielo. E la cosa pareva funzionare, dato che il Sole ricompariva immancabilmente.
Durante le eclissi, gli antichi messicani sacrificavano i gobbi e i nani; gli indiani dello Yukon capovolgevano vasi e stoviglie affinché il male del Sole non si raccogliesse dentro quei recipienti. I Pellirosse Qagyuhl dell’America nord-occidentale pensavano che la Luna si nascondesse perché un mostro abitatore dei cieli stava tentando di divorarla. Allora, per la sua salvezza, danzavano intorno a un cumulo di vesti e capigliature recise, che bruciavano lentamente, sperando che il denso fumo facesse starnutire l’animale, obbligandolo a sputare fuori il nostro satellite.
Intorno al 470 a.C. il filosofo e astronomo greco Anassagora spiegò esattamente il motivo per cui si verificavano le eclissi, ma cinquant’anni dopo, durante la guerra del Peloponneso, nel 413 a.C., prevalse la superstizione, con conseguenze disastrose. Era in corso lo scontro tra Atene e Sparta e l’esercito ateniese, attestato in Sicilia, aveva già subito numerose sconfitte. Un giorno, Nicia, il comandante ateniese, stava per ordinare alle sue truppe di ritirarsi, quando il cielo si oscurò all’improvviso. Interpretando il fenomeno come un avvertimento divino, Nicia decise di resistere. Ma l’attacco sferrato dagli Spartani determinò la disfatta dei rivali.
Con l’andare dei secoli ed i progressi dell’astronomia, il fenomeno fu chiarito e diventò calcolabile in anticipo. Colombo, nel 1493, all’ancora in prossimità delle coste della Giamaica e a corto di provvigioni, minacciò della vendetta divina gli isolani che si rifiutavano di rifornirlo, avvertendoli che quella stessa notte, come egli ben sapeva dai suoi calcoli, “la luce della Luna si sarebbe spenta“. Ed ecco che quella “profezia” si avverò: gli indigeni in preda al terrore, lo supplicarono d’intercedere e Colombo fu lieto di “restituire la Luna” in cambio delle provvigioni per la sua nave.