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Frederick Bond: archeologia e paranormale
10 Giu 2012

Frederick Bond: archeologia e paranormale

Post by Administrator

Agli inizi del ‘900 il famoso archeologo Frederick Bligh Bond portò a termine una serie di importanti scoperte nell’abbazia di Saint Mary a Glastonbury. Il segreto del suo successo rimase celato per anni finché non decise di rivelare che ad aiutarlo nel suo lavoro furono gli spiriti dei monaci vissuti nell’abbazia secoli prima.

Frederick Bligh Bond

Frederick Bligh Bond

Protagonista di questa straordinaria vicenda è stato un archeologo inglese di inizio ‘900 di nome Frederick Bligh Bond. Magro, intuitivo, molto sensibile, Bond era uno dei maggiori esperti britannici di architettura religiosa medievale del suo tempo ed in tale veste ricevette l’incarico di dirigere gli scavi delle rovine dell’abbazia benedettina di Saint Mary a Glastonbury, nell’Inghilterra meridionale. L’abbazia, che sorge in un antico luogo di culto precristiano, secondo diverse ricostruzioni è stata l’epicentro dal quale si diffuse il cristianesimo in Inghilterra. Alcune leggende narrano che contenga perfino le sepolture di re Artù e della regina Ginevra.

Nel tardo Medioevo la chiesa venne associata alla figura di Giuseppe d’Arimatea. La tradizione locale vuole che costui fosse lo zio di Gesù, nonché un mercante di stagno che aveva visitato la Britannia, ed era tornato quale leader di un gruppo di missionari nel 63 d.C., portando con sé reliquie sacre. Prospero centro religioso, popolato da centinaia di monaci (tra cui l’irlandese San Patrizio) e migliaia di lavoratori, l’abbazia fu abbandonata nel 1539 in seguito alla soppressione dei monasteri ordinata da re Enrico VIII.

Frederick Bond sin da piccolo subì il fascino dei fenomeni paranormali. Interesse che lo legava particolarmente al capitano John Bartlett, suo vecchio amico nonché veggente dedito alla scrittura automatica. Un giorno del 1907, l’anno prima di iniziare i lavori a Glastonbury, Bond tentò con Bartlett un esperimento di automatismo. Fu l’inizio di una storia straordinaria quanto incredibile.

Nel giro di pochi mesi l’archeologo salì agli onori delle cronache grazie ad un rapido susseguirsi di scoperte archeologiche legate all’abbazia. La chiave per capire questo improvviso cambiamento risiede nella prima domanda che Frederick Bond rivolse alle entità con le quali il suo amico Bartlett riusciva a comunicare: “Potete dirci qualcosa sull’abbazia di Glastonbury?“. La risposta fu positiva.

Bond affermò che in quella seduta e nelle centinaia che seguirono, spiriti di monaci, artigiani e lavoratori, che affermavano di essere morti da tempo, fornirono descrizioni dettagliate della costruzione originale. Tra le varie indicazioni che le anime suggerirono vi fu anche la presenza di una grande cappella sul lato orientale dell’abbazia che puntualmente venne portata alla luce.

Da allora, affidandosi completamente ai suoi informatori eterei, Bond scoprì e riuscì a ricostruire altri edifici: il refettorio, il dormitorio dei monaci, i chiostri, la cucina, etc. Per tutta la durata degli scavi e dei successivi lavori Bond tacque sulla fonte della sua ispirazione professionale finché nel 1918 pubblicò un libro, “The Gate of Remembrance” in cui descriveva in modo particolareggiato le sue conversazioni con gli abitanti dell’abbazia morti da secoli.

Le reazioni alle sue rivelazioni furono quasi tutte ostili. Bond si vide prima affiancare un condirettore al progetto di restauro, quindi fu istituito un comitato di supervisione ed infine gli venne ridotto il budget. Nel 1922 l’archeologo venne definitivamente congedato subendo perfino l’onta di vedersi negato l’accesso al sito al quale aveva dedicato tanti anni di studio e di lavoro. Gli scavi furono interrotti e vennero riempite anche alcune fosse.

Frederick Bond passò il resto della sua vita a comunicare con i monaci defunti, scrivendo libri sulle loro presunte rivelazioni e cercando di tornare a lavorare all’abbazia. I suoi ultimi sforzi incontrarono però la ferma opposizione della Chiesa. Nel 1945 Bond morì di infarto ad 82 anni senza essere riuscito mai più a mettere piede a Glastonbury dai giorni in cui decise di rivelare al mondo la sua storia. Al giorno d’oggi le rovine dell’abbazia sono ancora in parte sepolte. Quelle rovine continuano a conservare i loro misteri insieme con le dozzine di particolari architettonici e storici che Bond riusciva a descrivere così bene grazie ai suoi metodi non ortodossi. Metodi che vennero sempre ignorati e derisi dal resto dei suoi colleghi archeologi.

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